La forza evocativa delle parole
Quanto parole, complimenti, appellativi determinano le persone che siamo? Farci caso alle parole è importante. Sia quelle che usiamo per riferirci agli altri sia quelle che usiamo per descriverci.
Gli scrittori sanno che le parole sono la loro via verso la verità e la libertà, e quindi le usano con cura, con pensiero, con paura, con gioia. Usando bene le parole rafforzano le loro anime.
Ursula K. Le Guin1
Nelle viscere di Napoli, dove la città moderna incontra la parte antica e vulcanica del sottosuolo, c’è il Nouveau Theatre de Poche. Lì, in un’altra vita, quando l’unica preoccupazione era finire gli esami universitari, studiavo teatro.
Ricordo che una volta, il direttore artistico, Lucio Allocca, ci fece una lezione sulla forza evocativa delle parole. Non ho mai dimenticato come dava calore e forza alla parola “fuoco” solo pronunciandola.
Quella lezione me la sono portata dentro a lungo, riflettendo su come le parole vadano al di là del loro suono ed espressività, definendoci. Noi, il nostro mondo, quello che ci circonda.
Farci caso alle parole è importante. Sia quelle che usiamo per riferirci agli altri sia quelle che usiamo per descriverci.
Le parole hanno potere. I nomi hanno potere. Le parole sono eventi, fanno cose, cambiano cose. Trasformano sia chi parla sia chi ascolta; alimentano l'energia in entrambi i versi e la amplificano. Alimentano la comprensione o l'emozione avanti e indietro e la amplificano. Ursula K. Le Guin
È stato l’incontro con i libri di Chimamanda Ngozi Adichie e le riflessioni sulla lingua di Vera Gheno che mi hanno portato a interrogarmi sull'inclusività del linguaggio.
E da lì ho iniziato la decostruzione di quello che io, fino ad allora, avevo sempre considerato "normalità" nel mio linguaggio quotidiano.
Quanto parole, battute, complimenti, appellativi hanno determinato la persona che sono?
Ho cominciato a fare più attenzione. Mi sono arrabbiata, sentita offesa, anche. Per tutti quei termini che fino a quel momento non avevo notato, per educazione, ma che in realtà mi ponevano sempre un gradino al di sotto del mio interlocutore (maschio).
È allora che mi sono interrogata sulla mia educazione di figlia femmina meridionale. E soprattutto sull'educazione che da mamma trasmetto a mio figlio.
Prendersi cura delle parole che si dicono a volte è molto complesso, ma dobbiamo avere la responsabilità di consegnare ai propri figli il giusto vocabolario da utilizzare per poter rispettare gli altri e per farli crescere liberi dalle gabbie degli stereotipi.
La scelta delle parole influenza anche il modo in cui ci rappresentiamo a noi stessi, riflettono la nostra visione anche al mondo esterno.
Quali parole usiamo per raccontarci?
Le parole riflettono la visione che abbiamo di noi stessi e l’energia che trasportano ha il potenziale o di prosciugarci o di potenziarci. Fanno eco ai nostri pensieri e guidano le nostre azioni quotidiane. Il modo in cui parliamo, specialmente quando parliamo a noi stessi, è radicato nella nostra storia. Le nostre decisioni sono rafforzate da ciò che ha funzionato, o che sembrava funzionare, in passato, e questo determina il nostro comportamento futuro. La straordinaria caratteristica che rende la parola diversa da ogni altra forma di comunicazione è la sua capacità di essere generativa.
Con ogni parola che usiamo, abbiamo l'opportunità di rafforzare la nostra identità.
Le parole che dici diventano la casa in cui vivi— Hafiz
Le parole che scegliamo non sono un’entità monouso, da dimenticare nel momento in cui lasciano la nostra bocca. Hanno un impatto duraturo sulle nostre prospettive generali.
Uno studio condotto presso il Brookhaven National Laboratory di New York ha scoperto che l’uso sistematico di parole negative finisce per causare un’alterazione dei livelli ormonali e dei neurotrasmettitori. In questo esperimento si è osservato che visualizzare la parola “no” per un secondo, stimola il rilascio di cortisolo, un ormone dello stress.
Questi cambiamenti nella chimica del cervello influenzano immediatamente il nostro pensiero e la nostra capacità di comunicare ed elaborare le informazioni. A lungo termine potrebbe compromettere seriamente le strutture critiche del cervello associate con la memoria e il controllo emotivo.
C’è qualche motivo per non usare queste consapevolezze per migliorare la nostra vita?
Ho chiesto a Girolamo Grammatico, una sua riflessione. Tra le tante cose, Girolamo conduce workshop di Comunicazione empatica, che si basano sulla “Comunicazione Non Violenta” ideata da Marshall Rosemberg. La comunicazione empatica è un processo di consapevolezza che lavora, attraverso le emozioni e i sentimenti, sul far emergere i bisogni propri e dell’interlocutore al fine di concordare una strategia che faccia felici entrambi.2
Altre parole, altre voci
C’è stato un periodo della mia vita durante il quale il senso di vergogna era presente dentro di me come un organo cannibale che voleva, lentamente, divorarmi da dentro.
In quel periodo la stragrande maggioranza dei miei amici si era laureata da poco o stava per farlo. Alcuni avevano iniziato master prestigiosi o stage in aziende importanti. Altri ancora aveva preso un anno sabbatico per un viaggio on the road in giro per l’Italia o per l’Europa.
Io nel frattempo lavoravo come operatore sociale in un centro per persone senza dimora e ricevevo molte pacche sulle spalle, perché anche se il mio era un lavoro, la percezione sociale lo riteneva una missione, un sacrificio.
Spesso mi chiedevo: chi sono? E rispondeva la vergogna: perché non ero laureato come gli altri e mai lo sarei stato e non avevo ancora la patente. Mi trovavo in un cortocircuito perenne: da un lato le persone care non mi vedevano come un lavoratore con regolare stipendio (ma come “uno che sta rinunciando a tutto per aiutare i senza dimora”) e dall’altra c’era il mio desiderio di vedermi laureato e patentato che m’impediva di sentirmi realizzato.
Ero un non-laureato. Un non-patentato. Mi definivo per assenza.
Lavoravo, ma ero in missione. Così mi dicevano e quindi rinunciavo a ferie, malattie, riposi. In missione queste cose non esistono.
Nella filosofia del linguaggio, l'idea che il linguaggio influenzi la nostra percezione del mondo è noto come ipotesi di Sapir-Whorf. Secondo questa teoria, la lingua che parliamo non è solo un mezzo per esprimere i nostri pensieri, ma influisce anche sulla forma e sul contenuto di questi pensieri. La struttura di una lingua, come la grammatica e il lessico, può quindi modellare il modo in cui pensiamo e percepiamo il mondo.
Dal punto di vista psicologico, il linguaggio è anche strettamente legato alla nostra percezione di noi stessi. La nostra identità è costruita attraverso le storie che raccontiamo su di noi e queste storie sono intrinsecamente legate al linguaggio. Attraverso il linguaggio, esprimiamo le nostre esperienze personali, i nostri valori e le nostre aspirazioni, costruendo e rafforzando continuamente il nostro senso di identità.
Ma non solo: la lingua può influenzare anche le nostre relazioni sociali. Ci identifichiamo con un determinato gruppo linguistico e culturale, e queste affiliazioni influenzano la nostra percezione di noi stessi e degli altri.
E così, per anni, ho cercato un linguaggio che mi definisse per le mie risorse e alleati con cui parlare questa lingua.
Letture
Le letture da cui ho iniziato le mie riflessioni sono state:
Di Chimamanda Ngozi Adichie
Femminili singolari, di Vera Gheno
Invece, la scoperta di come le parole possono migliorare la visione della propria vita sono coincise con la lettura della newsletter3 di
, che consigliava Manifest. 7 passi per vivere al meglio la tua vita.A questa lettura consiglio di aggiungere il più leggero Il magico potere del manifesting. Il tempo di un caffè per visualizzare i tuoi desideri e farli diventare realtà, e il più completo Il potere delle parole: Usa la forza del linguaggio per rivoluzionare la tua vita.
Per bimbi e bimbe, se volete qualche consiglio di letture senza stereotipi, potete sbirciare nella mia rubrica instagram
Ursula K. Le Guin nel saggio “The Wave in the Mind: Talks and Essays on the Writer, the Reader, and the Imagination” esplora non solo temi legati alla scrittura e alla comunicazione, ma anche sulla bellezza e sul femminismo.