Una svolta alle mie serate
È qualcosa con cui si convive. Una paura su cui tu non hai nessun potere, perché non si tratta di qualcosa generato dalla tua mente, ma è qualcosa che nasce dall’esterno
Ci sono almeno due tipi di città: quella vissuta dagli uomini e quella vissuta dalle donne Tamar Pitch
I faticosi incastri di noi genitori - che lavorano full-time senza aiuti - per gestire i 3 lunghi mesi di vacanze estive di nostro figlio settenne, mi hanno portato in questi ultimi anni a passare una settimana lavorativa da sola in città. È un tempo a mia disposizione a me sconosciuto e ne approfitto così per una delle mie passioni più grandi: andare a teatro quasi tutte le sere.
È una calda, caldissima serata di luglio a Roma, saranno passate le 23, lo spettacolo al Globe Theater è appena finito e io devo attraversare Villa Borghese per arrivare al motorino.
Non ci sono quasi luci e per la villa a quell’ora non passano macchine, la strada è isolata e io sono sola. All’improvviso sento dei passi dietro di me, cerco di accelerare, senza correre per non mostrare paura. È troppo tardi per chiamare qualsiasi persona, mi sono portata un giubbino che indosso per nascondere il più possibile il mio corpo, indosso i jeans e le scarpe da ginnastica.
Non mi volto, ma apprezzamenti sconnessi mi fanno capire che si tratta di un uomo, forse ubriaco, forse strafatto, non lo so.
Riesco ad arrivare indenne al motorino, penso al blocca ruota che devo togliere prima di riuscire a salire e accendere il motore. Penso che tutto questo permetterà a lui di potersi avvicinare e io ho solo paura e il cuore in gola.
Il parcheggio è un po’ più illuminato e per fortuna si ferma un tassista che fa scendere una persona. Mi sento salva. Quel movimento allontana la persona che mi stava seguendo e permette a me di togliere il blocca ruota e di partire.
Il giorno dopo sarei dovuta tornare al Globe per assistere a “Sogno di una notte di mezza estate” in versione integrale. Tre ore di spettacolo, con inizio alle 21. Ho già il biglietto.
Quello spettacolo non riuscirò mai a vederlo. La paura della sera precedente mi fa desistere. Avrei fatto ancora più tardi, sarebbe stato ancora più buio, avrei avuto ancora più paura.
La mia rabbia era ed è tantissima. Dover rinunciare a una passione, alla mia indipendenza perché vulnerabile, indifesa, donna.
Per paura
Mi sono sentita così tante volte negli ultimi anni. Ogni volta che tornavo sola da qualche evento lavorativo che finiva troppo tardi, da cene o uscite con le amiche.
È qualcosa con cui si convive. Una paura su cui tu non hai nessun potere, perché non si tratta di qualcosa generato dalla tua mente, ma è qualcosa che nasce dall’esterno, da estranei che esercitano il loro potere sul tuo corpo, oggettivandolo sessualmente senza il tuo consenso, per il solo fatto che tu sei donna.
È una paura che non puoi spiegare perché non tutti la potranno capire.
Michela Murgia, in un suo monologo1 la raccontava così:
Siamo orientati a pensare che le paure, alla fine, siano uguali per tutti. Io non lo credo. Ci sono paure che sono soltanto di alcuni e che sono impenetrabili per chi non ha quella paura. L’incomprensione che si genera dall’incontro fra due paure diverse è veramente incolmabile. Perché sulle idee tu ti puoi confrontare, ma la sulle paure non ti puoi confrontare.
Una paura che accomuna, in Italia, una donna su due.
Quasi il 49%, come riportato dai dati del rapporto Istat sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes) del 2023. Gli uomini, invece, non avvertono particolare timore. Se quasi tre quarti degli uomini si sentono sicuri a camminare da soli quando è buio nella zona in cui vivono, le donne sono solo poco più della metà (52,1%). Nell’ultimo anno la distanza tra uomini e donne è cresciuta, perché aumenta la percezione di sicurezza tra gli uomini (+1,5 punti percentuali). Le differenze di genere a favore degli uomini si mantengono in tutte le fasce di età e sono maggiori tra i giovani di 14-24 anni e tra gli anziani dai 75 anni.
Non è un caso se pochi mesi fa su TikTok, in un video diventato virale pubblicato dall’ account di cultura pop Screenshot HQ in cui veniva chiesto a otto donne se preferissero rimanere bloccate in una foresta con un uomo o un orso. Sette di loro hanno risposto “orso”, affermando che un uomo potrebbe rappresentare un pericolo maggiore rispetto all’animale selvatico. Le reazioni sono state numerosissime, tanto che l’hashtag #manvsbear è diventato di tendenza innescando dibattiti sulla violenza contro le donne e sulla loro sicurezza per strada.
Il fatto che le donne si sentano insicure negli spazi pubblici è strettamente legata all’urbanistica e all’ideazione e fruizione degli spazi pubblici.
A livello storico le infrastrutture urbane sono sempre state progettate da uomini per uomini. La struttura della città, infatti, è sempre stata disegnata per uomini che si spostavano tra i luoghi di lavoro e le abitazioni, mentre non veniva fatta una riflessione sulle esigenze delle donne un po’ perché non erano loro le prime destinatarie dei progetti infrastrutturali, un po’ perché la figura dell’urbanista, architetto o ingegnere era prevalentemente (se non tassativamente) maschile, senza perciò la sensibilità verso le necessità e le esigenze femminili.2
Nel 2020, la scrittrice
lanciò un thread su Twitter, in cui evidenziò come il problema della limitazione dello spazio pubblico per le donne inizi già in adolescenza. Le ragazze, infatti, vedono ridursi significativamente la loro “mappa dei movimenti”: a 14 anni, i loro spostamenti sono appena 2/5 di quelli che avevano a 11 anni e solo un terzo di quelli dei loro coetanei maschi.Non a caso la giurista Tamar Pitch ha scritto:
Ci sono almeno due tipi di città: quella vissuta dagli uomini e quella vissuta dalle donne3
Le conseguenze sono che si tende a evitare gli spazi pubblici, e a stare di più a casa, o si adottano stratagemmi: vestiti larghi, cambi di vestito e di scarpe prima di rientrare a casa, capelli legati, cappelli, occhiali per non dare nell'occhio, cappotti lunghi, spray al peperoncino in borsa, chiavi di casa ben strette in mano. O ci si iscrive a corsi di autodifesa.
L’aiuto per me è arrivato da Instagram. Non ricordo di preciso da quale account, ma da quando ho scoperto il servizio di Viola, so di sentirmi più sicura, quanto meno riesco ad attutire la paura, di riuscire a riappropriarmi in parte della mia indipendenza.
Funziona così: schiaccio l’icona viola sul mio cellulare e si apre l’app che mi chiede di avviare una videochiamata con uno/a dei volontari. La persona che mi risponde per prima cosa si informa del tragitto che sto compiendo, in quel momento, in modo da geolocalizzarmi e avvisare subito le forze dell’ordine in caso di necessità, e poi mi tiene compagnia, chiacchierando fino a che non sono giunta a destinazione.
Altre parole, altre voci
Intervista a Eleonora Sironi, country manager VIOLA
VIOLA nasce nel 2022 da un’idea della nostra fondatrice Laura De Dilectis dopo il femminicidio di Sarah Everard nel Regno Unito. Laura, con già alle spalle esperienze internazionali e il progetto DONNEXSTRADA, decide di dare vita a un’iniziativa che renda le strade più sicure per tutte e tutti.
VIOLA è stato scelto come nome per varie ragioni, tra queste come tributo a Franca Viola, al film “Il colore viola” e al personaggio Viola ne “La dodicesima notte” di Shakespeare. Il fil rouge tra queste persone ed elementi risiede nei valori femministi e nella lotta per le proprie libertà, che richiama il desiderio della nostra community di poter camminare liberamente per strada senza essere importunate, molestate, o aggredite a prescindere dal genere con cui ci si identifica.
Inizialmente il servizio era disponibile su Instagram, dove i nostri supporters rispondevano alle videochiamate di utenti che non si sentivano al sicuro. Con il lancio per Android e iOS, il servizio è ora accessibile a tutti gli utenti tramite la nostra app VIOLA.
Per noi era fondamentale sviluppare un’app semplice e intuitiva da usare: basta registrarsi con la propria e-mail per accedere alla videochiamata, disponibile in italiano, inglese e tedesco con supporters disponibili 24/7, formati per rispondere ad eventuali emergenze. Ma non solo: è possibile usare una live-chat e condividere la propria posizione in tempo reale.
VIOLA è in continua crescita e al momento sta cercando nuovi supporters per l’inglese e il tedesco, interessati a rendere le strade più sicure e usare la tecnologia come strumento di empowerment femminista.
Una lectio per 5 scrittori sul tema della paura, una performance teatrale trasmessa dalla Rai nel 2021
Martina Bonci docente, in Scienze filosofiche presso Alma Mater Studiorum e in Economia e gestione beni culturali presso Ca’ Foscari, Le città sono insicure non per la carenza di polizia o per la presenza d’immigrati, ma perché sono progettate solo da uomini e per i soli uomini
Tamar Pitch e Carmine Ventimiglia, “Che Genere Di Sicurezza: Donne e Uomini in città ”, Milano, Franco Angeli, 2001